Biografia

 

Silvano Girardello (1928-2016) nasce a Giacciano (Rovigo) nel 1928. Nel 1933 si trasferisce con la famiglia a Verona. Frequenta L'Istituto Magistrale e il Liceo Artistico a Bologna, dove si diploma nel 1946. Nel 1948 si iscrive alla facoltà di architettura; tre anni più tardi abbandona gli studi per dedicarsi alla pittura. A partire dal 1955 insegna educazione artistica nelle scuole medie. Nel 1957 espone per la prima volta due disegni (Arlecchino e Donna che legge) alla 53° Biennale Nazionale d'Arte di Verona. Le opere giovanili risentono del Picasso sintetico e classico.

Alla Biennale di Verona del 1959 presenta i primi dipinti, Cucina e Serranda, dove il prelievo oggettuale dalla realtà si coniuga a una materia – sfondo, densa e informale.

Partecipa alla Biennale di Parma del 1961 con due pannelli in bianco e nero che appartengono alla serie delle Vittime e tiene la prima personale, sempre a Parma, alla galleria del Teatro con presentazione in catalogo di Arturo Carlo Quintavalle: vi espone una ventina di guaches su carta dedicate alle vittime di Hiroshima. Si tratta di tracce informi, resti di un' umanità martoriata, descritti con un fare gestuale e espressionista che ricorda, Dubuffet e ancora Permeke, Bacon e Giacometti.

Nel 1964 comincia ad inserire nelle opere materiali eterogenei: plastiche, fotografie, tele cerate, ritagli di giornale (I commensali di Braque). Nasce la serie “Chi viene a giocare con me?” (1964) sul tema della bambina con altre presenze inquietanti.

Nel 1966 allestisce la prima personale veronese alla Galleria Ferrari, presentata in catalogo da Licisco Magagnato.

A partire dalla meta degli anni Sessanta l'uso della fotografia diviene pressoché esclusivo (Io dò una cosa a te, tu dai una cosa a me, 1968; Autoritratto nel roseto, 1969) ecc.

Nei collages accosta, con una grottesca contaminazione di linguaggi, immagini della pubblicità e simboli della cultura pop ad un repertorio iconografico colto, legato alla tradizione. L'uomo contemporaneo vive il dissidio tra un passato di valori umanistici e un presente di valori tecnologici e mercificati. In questo periodo si dedica alla realizzazione di una nutrita serie di opere grafiche (fotolito-serigrafie) che avranno un ampio eco espositivo. Sarà presente a importanti rassegne internazionali di grafica.

Nel 1969 tiene una ricca personale alla Galleria dello Scudo di Verona con una presentazione in catalogo di Mario De Micheli.

Nel 1971 inizia a dipingere la serie del Ratto di Europa. Il modello è l’opera di Paolo Veronese in Palazzo Ducale a Venezia. L'immagine viene manipolata in una cinquantina di variazioni attraverso le quali l’artista intreccia un dialogo con altri maestri del passato (Ratto d'Europa -Picassiano, 1972; Ratto - con Renoir, 1973; Ratto - con Manet, 1973) ecc.

La pittura (soprattutto colori acrilici) torna ad avere un ruolo prevalente. Nei primi anni Settanta affronta quadri di impegno politico, ironici ed espressionisti, come “Pinochet” e “In morte di Louis Carrero Blanco” in cui si avvertono echi della pittura di Grosz, Goya ed altri. Su di una poetica citazionista si sviluppa anche la serie de Le Visite (1975-1977), dove gli artisti prediletti incontrano amici e parenti, come in “Ines visita Toulouse-Lautrec”, “Toni Vantini che visita Ensor” e “Anna che visita Picasso”.

Negli ultimi anni Settanta attinge ad una dimensione privata con opere e che ritraggono l'universo familiare, gli interni, i paesaggi amati. Nel 1983 tiene una personale alla Galleria d'Arte Moderna Palazzo Forti di Verona Perlustrazioni-non stop, dove presenta le opere gestuali della serie “Guardiano dei cani”.

Nel 1984 gli viene assegnata la Cattedra di Pittura all'Accademia di Belle Arti di Verona, di cui diverrà in seguito direttore. Dipinge quadri di interni, ritrae le bestie di campagna, le passeggiate (Quelli che passeggiano, 1988; La donna e la gallina, 1989), che espone nel 1990 alla Galleria dello Scudo di Verona.

Nel 1992 presenta, alla Galleria Giulia di Roma, una serie di opere dedicate al tema del quadro nel quadro (Interno con quadro, 1990; Interno in Accademia, 1990) ecc.

Seguono paesaggi, nature morte, soggetti contadini di forte impatto materico come “La vagliatrice del grano” e “Irma che rincorre la gallina”.

Nel 1995 espone la serie de “L'Angelus” alla Galleria dello Scudo con presentazione di Luigi Meneghelli: una rivisitazione dell'opera - icona di Millet.

A partire dal 1998 riprende la serie dei Capricci (altra costante del suo lavoro), opere ironiche in cui convivono stili e soggetti diversi che dialogano con la storia della pittura.

Nell’ ottobre-novembre del 2000 il Comune di Rovigo insieme all' Accademia dei Concordi gli dedicano un'ampia mostra monografica sul tema "Cose di campagna", presentata da Mauro Corradini.

Nel 2003 è presente con due opere alla rassegna "La creazione ansiosa" di Palazzo Forti.

Nei quadri più recenti (2004-2005) egli rivede i paesaggi dell’infanzia: “Alzaie all’Adige”, “Paesaggi del Polesine” e di nuovo rilegge quegli autori e quelle opere che l’hanno sin qui accompagnato.

La notte del 27 giugno 2016 si è spento a Verona all'età di 88 anni.